Napoli, 18 febbraio 2014 – Tecnica e interlocutoria, come le prime due udienze. E nessuna telecamera in aula, come accadde anche per l’emergenza spazzatura con Bassolino imputato. Il processo sulla presunta compravendita dei senatori stenta a decollare. L’udienza di ieri del dibattimento che vede imputati, con l’accusa di corruzione, l’ex premier Silvio Berlusconi e l’ex direttore dell’Avanti Valter Lavitola, ha affrontato la questione delle parti civili. Sulle ammissioni delle istanze – presentate dall’Avvocatura dello Stato per conto del Senato e dal legale di un gruppo di cittadini marchigiani – la prima sezione del Tribunale di Napoli si pronuncerà il 26 febbraio, data della prossima udienza. In quella circostanza saranno esaminate anche le altre richieste. Tra le istanze su cui il collegio presieduto da Nicola Russo si è riservato la decisione anche l’intervento nel processo in qualità di responsabile civile dell’avvocato Bruno Larosa per conto di Forza Italia.
Dal canto loro, i pm Woodcock e Vanorio si sono detti favorevoli alla costituzione del Senato. Sull’intervento nel processo di Forza Italia come responsabile civile Woodcock si è invece soffermato a lungo per illustrare i motivi dell’opposizione. Ha sottolineato, tra l’altro, che i partiti non devono entrare in questo processo. Ed ha spiegato a tal proposito che nel capo di imputazione Berlusconi è accusato nella sua qualità di leader del centro destra e non come esponente del movimento politico, evidenziando altresì che Forza Italia nella circostanza potrebbe in astratto essere indicata o come parte offesa o come “imputato”. Gli avvocati Niccolò Ghedini e Michele Cerabona, difensori di Berlusconi, si sono opposti a tutte le richieste di costituzione di parti civili. Cerabona ha sostenuto in particolare che sarebbe stata eventualmente titolata a costituirsi la Presidenza del Consiglio e non il Senato.
Woodcock ha evidenziato, nel caso del Senato, che l’interesse che si intende tutelare è non solo e non tanto quello dell’immagine dell’istituzione quanto il ”buon funzionamento” dell’assemblea in riferimento ai lavori, alle votazioni ecc.
Sulla questione è intervenuto anche Antonio Di Pietro, legale di parte civile dell’Italia dei Valori. Secondo Di Pietro si sarebbe dovuto costituire in giudizio non solo il Senato ma anche la presidenza del Consiglio in quanto i voti che determinarono la caduta del governo Prodi (in seguito alla presunta compravendita dei senatori) non furono espressi in base a un libero convincimento, ma in cambio di ”milioni di euro”. ”Questo è omicidio della democrazia – ha detto Di Pietro – Il governo è caduto per un atto criminale”. L’avvocato Ghedini ha posto l’accento sul fatto che l’ex senatore Sergio De Gregorio – che, per l’accusa, sarebbe stato corrotto da Berlusconi per cambiare schieramento – “non è mai stato iscritto all’Italia dei Valori”. Il dibattimento era cominciato con la riproposizione, da parte dei legali del cavaliere, delle questioni riguardanti la presunta irregolarità delle notifiche dell’udienza, ma il Tribunale, come già fatto, le ha respinte sostenendo la regolarità degli avvisi e confermando la contumacia dell’ex premier.
(giupor)
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